RACCONTI D'ESTATE
DA BAMBINO
Non era gran che la mia bicicletta,ancora dovevo imparare ad andare da solo, e vero avevamo la bicicletta a casa, quella di mio padre la Bianchi, ma lui non voleva che la toccassimo.
Comprai la bicicletta da un ragazzo, era malconcia il vecchio proprietario non l'aveva amata molto, la portai all'officina dove lavoravo, nel seminterrato dove facevamo le reti dei letti in ferro, e le sedie ''conchiglie con la plastica intrecciata, non ero tanto pratico, servivano pedali nuovi,sella, manubrio,parafanghi e gomme, all'angolo dopo via Roma c'era il magazzino dei pezzi di ricambi del sig.Testone, un tipo alto e grosso insieme a lui lavorava il figlio, e un ragazzo di nome Peppino, aveva qualche anno più di me abitava al ''numero due''.cioè numero due erano chiamate le case costruite appena fuori paese sulla statale per Bari, di fronte alla stazione di servizio ''l'Aquila'' ora via V.Veneto, ora ci sono IMPS-INAIL per intenderci, poi sarebbe partito per Milano e non l'avremmo più rivisto, e compravo i pezzi da loro.
Quando avevo qualche minuto di tempo lo dedicavo alla bicicletta, ero stanco di andare a piedi da casa in via Ginnasio, fino alla bottega in via Umberto,vicino la fontana di fronte stavano costruendo il palazzone di Alba, dove sotto ai locali aprirono Spinosa l'elettricista, poi lady Fontana con il marito Nino, vendevano stoffe e in seguito anche abiti pronti alla moda,all'angolo apri il bar Commercio, molto grande per quei tempi, aveva i sotterranei dove andavamo a giocare a biliardo, a dir la verità poche volte, era sempre pieno di giovani che giocavano.
Nonostante avessi la bicicletta ancora non sapevo usarla, un pomeriggio presto, quando il Maestro usci per andare al porto, comprava pesce dai pescherecci, i ragazzi più grandi mi invogliarono ad usarla, Via Umberto fino al Borgo è in discesa, mi misero seduto chi mi manteneva il sellino, di colpo mi spinsero, ero terrorizzato, da solo stavo scendendo quella strada, anche se a quei tempi le macchine le contavi,feci tre isolati, poi girai a sinistra involontariamente, fini col cadere sbattendo ad un albero di via Cialdini, alle spalle del cinema Vadalà, risultato piegai la ruota anteriore ruppi manubrio,ed io finii con il viso contro l'albero, spaccandomi il labbro inferiore, ancora oggi ne porto il segno.
DA BAMBINO
Non era gran che la mia bicicletta,ancora dovevo imparare ad andare da solo, e vero avevamo la bicicletta a casa, quella di mio padre la Bianchi, ma lui non voleva che la toccassimo.
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LUNGOMARE MONOPOLI |

Nonostante avessi la bicicletta ancora non sapevo usarla, un pomeriggio presto, quando il Maestro usci per andare al porto, comprava pesce dai pescherecci, i ragazzi più grandi mi invogliarono ad usarla, Via Umberto fino al Borgo è in discesa, mi misero seduto chi mi manteneva il sellino, di colpo mi spinsero, ero terrorizzato, da solo stavo scendendo quella strada, anche se a quei tempi le macchine le contavi,feci tre isolati, poi girai a sinistra involontariamente, fini col cadere sbattendo ad un albero di via Cialdini, alle spalle del cinema Vadalà, risultato piegai la ruota anteriore ruppi manubrio,ed io finii con il viso contro l'albero, spaccandomi il labbro inferiore, ancora oggi ne porto il segno.
Da quel giorno imparai ad andare in bicicletta, dopo averla riparata, sempre con l'aiuto dei miei compagni di lavoro, la usavo per andare e venire da casa, andare al Consorzio da mio padre, e girare per le strade della città.
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ORLANDO-ONOFRIO |
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