LA NOTTE - mal di mare
IL MARINAIO 9
Partire e un po morire, mai nessun detto fu mai più azzeccato, i vecchi lo sapevano bene.
Ripresi la mia solita vita sulla nave,mi gettai nel lavoro,bevevo molto più del dovuto, il whisky mi faceva dimenticare e allontanarmi dalla realtà.
Fumavo tanto, per farmi coraggio ed affrontare quel mare cosi inaffidabile,smontavo la notte era tranquillo, la mattina lo trovavo più arrabbiato del solito, mi avviavo verso la poppa barcollante, aggrappandomi a tutto quello che era stabile,a volte la poppa sembrava sprofondasse nel profondo mare, per poi uscire fuori mostrando l'elica che innalzava spruzzi verso il cielo.
Era da poco arrivato sulla nave un nuovo operaio meccanico, era di un paese che si chiamava Chioggia,faceva parte della costa della laguna di Venezia, io non la conoscevo, ma me ne avevano parlato, si era imbarcato a Ravenna, il giorno che partimmo per la Libia.
L'operaio si chiamava Boscolo Angelo, classico nome Veneziano, fra noi ci fu subito un intesa, che si tramuto in amicizia, anche lui di discendenza nobile come me, mi diceva che loro erano Conti da generazioni, ma ormai come me piombati nella povertà,per secoli di cattiva gestione familiare,e continui cambiamenti di oppressori che portavano via tutto al popolo.
La mia famiglia nasce nel millecinquecentotrenta, erano cavalieri al seguito di un ennesimo conquistatore verso il Sud, e per ringraziarlo dee servigi resi all'Imperatore gli diedero in regalo una montagna, e delle terre, selvagge e collinose, il cavaliere seppe costruire un piccolo feudo che in seguito avrebbe chiamato Cisternino.
IL MARINAIO 9
Partire e un po morire, mai nessun detto fu mai più azzeccato, i vecchi lo sapevano bene.
Ripresi la mia solita vita sulla nave,mi gettai nel lavoro,bevevo molto più del dovuto, il whisky mi faceva dimenticare e allontanarmi dalla realtà.
Fumavo tanto, per farmi coraggio ed affrontare quel mare cosi inaffidabile,smontavo la notte era tranquillo, la mattina lo trovavo più arrabbiato del solito, mi avviavo verso la poppa barcollante, aggrappandomi a tutto quello che era stabile,a volte la poppa sembrava sprofondasse nel profondo mare, per poi uscire fuori mostrando l'elica che innalzava spruzzi verso il cielo.
Era da poco arrivato sulla nave un nuovo operaio meccanico, era di un paese che si chiamava Chioggia,faceva parte della costa della laguna di Venezia, io non la conoscevo, ma me ne avevano parlato, si era imbarcato a Ravenna, il giorno che partimmo per la Libia.
L'operaio si chiamava Boscolo Angelo, classico nome Veneziano, fra noi ci fu subito un intesa, che si tramuto in amicizia, anche lui di discendenza nobile come me, mi diceva che loro erano Conti da generazioni, ma ormai come me piombati nella povertà,per secoli di cattiva gestione familiare,e continui cambiamenti di oppressori che portavano via tutto al popolo.
La mia famiglia nasce nel millecinquecentotrenta, erano cavalieri al seguito di un ennesimo conquistatore verso il Sud, e per ringraziarlo dee servigi resi all'Imperatore gli diedero in regalo una montagna, e delle terre, selvagge e collinose, il cavaliere seppe costruire un piccolo feudo che in seguito avrebbe chiamato Cisternino.
Nel corso dei secoli tra alti e bassi tra Crociate e scorribande Saracene, perse gran parte dei possedimenti che all'epoca avevano confini fino al lontana Gravina di Puglia,poi i Borboni completarono l'opera,impoverendo ancora di più le nostre terre ed il popolo.
Oggi sono qui con lui e ci raccontiamo a vicenda delle nostre si può dire disgrazie, anche lui come me era diplomato, lui al Giorgio Cini di Venezia, come motorista navale, io come ragioniere,anche se ancora dovevo dare esame finale, avevo abbandonato la scuola all'ultimo anno, per imbarcarmi, era il mio sogno e volevo scappare dalla povertà, dal duro lavoro pomeridiano in officina dopo la scuola, e dalla solitudine dovuta più che altro alla mia timidezza, e inesperienza,eravamo tutti maschi a casa senza sorelle che all'epoca aiutavano i fratelli con le ragazze.
Oggi sono qui con lui e ci raccontiamo a vicenda delle nostre si può dire disgrazie, anche lui come me era diplomato, lui al Giorgio Cini di Venezia, come motorista navale, io come ragioniere,anche se ancora dovevo dare esame finale, avevo abbandonato la scuola all'ultimo anno, per imbarcarmi, era il mio sogno e volevo scappare dalla povertà, dal duro lavoro pomeridiano in officina dopo la scuola, e dalla solitudine dovuta più che altro alla mia timidezza, e inesperienza,eravamo tutti maschi a casa senza sorelle che all'epoca aiutavano i fratelli con le ragazze.
Quella sera tra una birra, una sigaretta e un ricordo. mi riconciliai con me stesso, ora avevo un amico con cui parlare anche di musica, e quando avevamo due minuti liberi li passavamo a chiacchierare.
Non avevo dimenticato Monica mi era rimasta nella testa e nel cuore, incominciavo a capire che quella vita da marinaio non era proprio come l'avevo sognata per anni.
La solitudine di uomini nel chiuso delle loro cabine contemplando le foto dei familiari o guardare qualche rivista con modelle in costume .non era per me, si faceva strada nella mia testa l'idea di sbarcare, lasciare quella vita dura, tornare a casa e vivere con quei pochi affetti, ma il sogno di Ulisse, ogni volta prevaleva e la mattina dopo avevo dimenticato tutto.........
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